IL CIBO ARMATO

Ci si abitua a tutto è il commento più frequente che si sente dire da chi sta vivendo in prima persona la tragedia dell’improvvisa povertà e della costrizione a vivere in angusti spazi comuni come scantinati o metropolitane. Ed è anche l’ovvia constatazione di ogni bravo commentatore di immagini. Non si spiegherebbe altrimenti la longevità della nostra specie; e fu tale l’adattamento in tempo di guerra, che l’essere ‘umano’ riuscì a trasformare una derrata alimentare, stoccata in milioni di tonnellate e destinata a milioni di persone in Africa e nel mondo, in uno strumento di ricatto ai paesi che sostengono l’Ucraina: “via le sanzioni o il grano resta là”.

Dietro questa all’apparenza cinica e irresponsabile proposta, ci sono decenni di tattica paramilitare appresa nel KGB insieme a un‘indifferenza ‘militante’ per le vite umane che patiscano la fame o…

La fame. Sono cresciuto con l’immagine dei bambini del Biafra, simbolo della miseria e della carestia per cui financo gli idoli dello spettacolo di allora si producevano in un evento musicale in favore di una regione all’epoca messa alle corde da alluvioni fuori misura: il Bangla desh.

Tornando a noi, il cibo è diventato uno strumento di guerra e anche di terrorismo ‘puro’, quando è l’esca usata dalle truppe russe per ‘stanare’ i civili dai rifugi sotterranei per poi falciarli con le mitragliatrici, considerando queste delle provocazioni. Bella roba.

Insomma, il cibo è tornato a essere uno strumento bellico, come una catapulta o una granata: cibo armato, secondo la centrata definizione di Francesca Mannocchi, reporter in Ucraina e, in passato, in altri contesti difficili in Africa e in medio oriente. Inn questa profonda intervista  affronta anche il tema del tempo e delle situazioni in cui questo è rimesso in discussione: la malattia, la guerra.

Alla nascita riceviamo un bonus tempo e la possibilità di gestirlo secondo quanto le nostre possibilità e la lotteria della natura ci consentono.

“Non sono malata. Ho una malattia” dice lei affetta da SLA, contrapponendosi, nei fatti, a quanto narrava Thomas Mann nel suo romanzo La montagna incantata, nella quale diceva Il malato è un malato, ha la natura e la modificata maniera di sentire dei malati.

È quindi da indagare cosa muoveva Susan Sontag e Tiziano Terzani, indubbiamente entrambi gravi malati cronici, nelle loro narrazioni e nelle loro peripezie esistenziali, in Himalaya Terzani e in Afghanistan la Sontag, ma soprattutto che cosa vedevano e cosa cercavano.

La guerra come patologia delle relazioni è un interessante spunto interpretativo sia per lo psicologo sia per chi studia la geografia politica.

 

 

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Dopo una telefonata con Macron e Scholz il 28 maggio l’autocrate russo si dichiara disposto ad aprire alle esportazioni di grano e alle negoziazioni con Kiev addossando la responsabilità della crisi alimentare mondiale alle sanzioni dell’occidente e le difficoltà nelle negoziazioni alla reticenza di Kiev.

Da opaco fasotutomì qual è, ecco che la faccia se l’è salvata da solo. Opacamente.

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