Mariupol com’era e com’è adesso
88 esimo GIORNO DI GUERRA
Pazzo criminale, macellaio, …
Questi sono i titoli più comuni che si sentono da più parti rivolti all’autocrate russo, rivoltigli dalle platee più disparate: dall’uomo della strada al capo di stato russo. Si chiede a gran voce una perizia stragiudiziale per il capo di Stato più subdolo e crudele del momento.
E perizia fu.
Sulla rivista online Eurasia sito il 17 Febbraio 2012 a firma Vismara Luca Francesco, comparve l’esegesi di una nuova scuola americana di analisi della politica internazionale, la Neuropolitica, che si proponeva di mettere in relazione il quadro psicologico del decisore con le esigenze geopolitiche, economiche, politiche del momento.
Lo studio sul processo decisionale, quale branca della più generale disciplina analizzante la politica estera è il metodo con cui, studiosi delle scienze politiche hanno messo in relazione l’agito del decisore politico e le sue decisioni con le scoperte delle discipline che studiano il funzionamento del cervello umano ricomprese nella grande famiglia delle Neuroscienze.
Questo ci solleva dall’insulto gratuito e ci pone nella comoda posizione di quelli che avevano ragione. Ma non è così consequenziale la cosa. Vediamo.
Dopo premesse logiche e fattuali (l’appoggio della Russia alla Siria) l’articolo conclude affermando che L’approccio ‘neuropolitico’ alle questioni internazionali, tenuto conto dei limiti che questa teoria ha cioè di non consentire di soprassedere alla geopolitica ‘classica’, alle considerazioni e alle informazioni che da essa derivano, e che le ragioni della geopolitica rimangono quelle che meglio interpretano la complessa natura dell’ambiente politico internazionale.
Questa scuola americana studia la figura del decision-maker identificandola come quella di uomo, dotato di una propria personalità, propri interessi e limitato cognitivamente poiché non dotato di una razionalità atta a permettergli di accedere in toto ad un bagaglio informativo tale da essere soppesato in ogni sua variabile decisionale in gioco: gli errori di percezione o mis-perceptions possono rendere miope la visione del quadro politico di riferimento.
Il decision-maker di questa guerra russo-ucraina 2022 corrisponde a questa descrizione? Secondo Lucio Caracciolo, e non solo, sì.
La scuola americana di nuova generazione ci direbbe che partendo dalla analisi delle diverse tipologie di leadership è possibile comprendere come i decisori formuleranno la propria decisione.
Tuttavia, l’analisi neuropolitica non convince: nell’articolo si cita l’invasione dell’Iraq da parte di Bush figlio nel 2003, un errore di mis-perception decisionale, fu infatti guidata da un sentimento di vendetta che compromise il calcolo razionale-decisionale.
La neuropolitica è quindi una nuova concezione della politica internazionale che nella sua analisi parte dal livello individualistico–umano, ne studia il leader in quanto connotato da credenze, percezioni, personalità ed emozioni proprie, risalendo infine verso il livello sistemico descrittivo di riferimento.
Quindi, le osservazioni che possono finora arrivare da questa scuola che vedeva le sue albe più di dieci anni fa, possono riguardare le scelte fatte giorno per giorno da un leader esposto a stimoli dati, come descritto anche sperimentalmente.
“Il processo decisionale neuroscientifico non è in grado di spiegare la realtà internazionale; sembra piuttosto in grado di fornire riflessioni interessanti che vanno via via contro-analizzate e soppesate riconducendole nell’alveo (se possibile) della geopolitica stessa.”
A oggi, il mondo (tranne Zelensky) è preoccupato di non umiliare Putin; atteggiamento di chiara marca psichiatrica, come del resto, l’intera vicenda russo-ucraina 2022.
La richiesta di Finlandia e Svezia di entrare nella NATO è naturale è comprensibile, ma sposterà in quell’area gli interessi geopolitici europei e non solo. Cos’accadrà?
L’immagine della Russia era assolutamente solida, forte dell’export di energetici e grano che le conferivano anche un certo peso economico. Adesso il mondo intero non ammetterà più queste azioni di espansionismo brutale e isolerà l’autocrate di turno.
Washington, l’eminenza non troppo occulta di questo orrendo spettacolo, è riuscita a emendare 80 anni di crimini di guerra schierandosi con il più debole contro l’antagonista storico, la Russia.
E ora, salviamogli la faccia. Un’impresa anche per il più scafato dei terapisti, ma non tutto è perduto. I danni di guerra: miliardi di dollari di cui in parte si è fatta carico l’UE. Conte a Biden ha proposto un piano Marshall, che si pensa durerà anni, considerando i milioni di sfollati che non vedono l’ora di tornare a casa, ancorché distrutta. Milioni di poveri da assistere e a cui dare un futuro.
Altre pensioni.
È bello sentir parlare di ‘futuro’ a due giovani mogli di militari resistenti nell’acciaieria di Mariupol, inermi sotto bombardamenti anche illegali.
Putin considera nazisti gli occidentali. Pensa in grande.
Putin non è stato preso in considerazione quando invadeva la Georgia o bombardava la Siria. Cos’è successo adesso?
Ha rotto il Patto Atlantico che all’articolo 1 recita:
Le parti si impegnano, come stabilito nello Statuto delle Nazioni Unite, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale in cui potrebbero essere coinvolte, in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo, e ad astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all'uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni Unite.
La Russia non ha mai aderito a quel patto e neanche l’Ucraina; hanno aderito paesi ex-patto di Varsavia, come la Romania la Polonia che sono confinanti. E adesso anche la Finlandia e la Svezia. La paura del pazzo si diffonde.
In TV, prese di posizione di chi si fa un baffo degli ucraini morti per la libertà del loro paese e li confina nel ruolo di marionette USA, fanno il paio con chi intravede la pietà dell’uomo solo nei corpi straziati da soldati che non dovevano esser lì.
Ma come tutte le cose anche la guerra finisce: bilancio in netto svantaggio per la Russia, che perde oltre all’Ucraina, anche paesi ‘non ostili’ come la Svezia e la Finlandia oltre a guadagnarsi il titolo di paese più isolato del mondo. Non sarà immediata l’allocazione di milioni di metri cubi di gas e altrettanti milioni di barili di petrolio a un mondo schierato ormai contro i metodi militari per risolvere questioni che, nel 3° millennio, vanno risolte con i metodi della diplomazia.
Un illuminante libro della mia adolescenza, spiega come la diffusione di Armi acciaio e malattie abbiano forgiato il mondo con l’adattamento o lo sterminio.
Non sono stato sterminato e grazie a un’arma mi sono adattato a una malattia.
E gli altri?
Muoiono. O per la pandemia o per la guerra (che continua imperterrita nel Donbass).
In Africa aspettano. Il 20 milioni di tonnellate di grano russo bloccato nei porti di Odessa, forse verrà sbloccato e forse potrà essere venduto. A chi? Chi paga?
Miliardi in armi e in liquidità sono stati stanziati per creare nuovi poveri e per assisterli: la guerra provoca miseria e devastazione, come se non bastassero quelle che già abbiamo. Quello che non mi convince è il passaggio forzoso dalla guerra per arrivare al piatto di minestra e al vestito di risulta. Un rituale che passi attraverso il virus e il fucile, sembrerebbe.
Del resto, quando avevo dolore scrivevo Della vita fa parte il dolore. Come la gioia o le altre sensazioni che viviamo per come lo abbiamo appreso in famiglia.
L’umanità moderna riesce a far fronte a una malattia invisibile che colpisce a caso ma deve ricorrere alla violenza per tentare di risolvere questioni geopolitiche mai chiarite.
Il fucile c’è sempre.
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