LA FASE 3

La fase pandemica 3 inizia il 3 giugno 2020, poiché si ritiene che il contagio sia sotto controllo e vi sia un ventaglio di trattamenti farmacologici e di interventi di rianimazione per affrontare ogni fatto acuto polmonare.

“L’attuazione della Fase 3 sancirebbe l’uscita dall’emergenza e il ripristino dell’assoluta normalità della vita lavorativa e sociale, della ricostruzione e del rilancio; solo in questo momento cadranno tutte restrizioni previste e le attività potranno riprendere con regolarità, mentre per il momento restano attive ancora molte norme di sicurezza”, recita il sito Money, oltre a pubblicare le quotazioni dei titoli di molti mercati ed economia per le famiglie.

Si è scoperto che la specificità del capitalismo italiano è il lavoro nero. In particolare quello dei lavoratori delle campagne, quasi sempre stranieri sfruttati all’inverosimile. Si è riusciti a disegnare più d’una possibile soluzione, si è comunque riusciti a quantificare il problema. Delle campagne. Poi ci sono i muratori, i posteggiatori, gli artigiani: tutti dotati di reddito d’emergenza più altri soldi che passano dal sindaco del comune. Soldi in parte proveniente dalla UE e in parte provenienti dallo Stato italiano, cioè dalle tasse, cioè dal lavoro che migliaia di persone hanno perso e dalle rispettive aziende che hanno chiuso.

Questa è la patologia sociale causata dalla pandemia. O macelleria sociale, come è stata definita da osservatori internazionali

La patologia psicologica che una pandemia determina, analogamente alla patologia maniaco depressiva, è di tipo depressivo fintanto che noi o i nostri cari siamo colpiti dal virus o dalla perdita del lavoro; dopodiché si aspetta una fase di euforia vuoi per lo scampato pericolo per il virus e per il lavoro o perché il sentire collettivo lo richiede.

Una donna ammette che la cosa che più l’ha sconfortata è stata la morte mai così vicina:. “Me la son vista lì!“. Caso più unico che raro, la morte temuta ed esorcizzata con musiche e canti, non è mai stata affrontata in modo così diretto: l’entusiasmo per lo scampato pericolo non viene celato.

Ognuno di noi si è dovuto confrontare con il limite imposto nel quale ci si è imbattuti e talora urtati con gli usi e costumi dei nostri compagni di lockdown. Mentre fuori si moriva. La morte come evento possibile è apparsa in televisione, come monito e come memento.

La tecnologia che si è evoluta sotto la pressione degli eventi, si è diffusa anche fuori degli ambiti della ricerca più avanzata e del trattamento dei dati.

Super computer che fanno miliardi di calcoli al secondo hanno reso possibile la mappatura del genoma del virus.

Ma questi stessi computer hanno cambiato il mondo delle relazioni. Ora si sperimenta il virtuale. Non si è più vincolati da orari e luoghi, ma accade tutto immediatamente, senza intoppi, salvo le normali occupazioni del vivere.

Tutto rimane e tutto si distrugge, nel mondo digitale.

La didattica a distanza è cresciuta su questa emergenza: immagino che, in futuro, che non sarà più possibile perdere una lezione.

Tutto sembra possibile. I politici non perdono l’occasione di parlare a vanvera.

I crimini diminuiscono, anche per effetto del lockdown: minori denunce? Può darsi: può anche voler dire che l’impatto sociale è stato minore.

Poi, si è stati portati a sottoporre il proprio stato mentale a stress improvvisi e catastrofici: le immagini di migliaia di bare tradote dai camion dell’esercito in forni di altre per la cremazione una sola provincia e relative i hanno inevitabilmente colpito ognuno. La morte ha un potere deflagrante per l’animo e l’umore da cui non ci si può sottrarre, neanche con l’indifferenza.

L’apocalissi culturale c’è stata, e non per tramite dell’uomo. Tutto si è fermato per mesi. Anche il mondo è un po’ più pulito. Qualcosa è già successo.

 

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